mercoledì 23 luglio 2008

Eccolo... Puntuale pessimismo.

Letto il testo di De Bernard, mi accingo a commentare la lettura, anche se con un filo di pessimismo cosmico che tanto mi avvicina al mio amato Foscolo, e al meno amato Leopardi.

Molto bello il testo, molto bello quanto un pò scontato in alcuni concetti.
Non risparmio critiche.
Il bellissimo concetto del professore innamorato della materia che deve insegnare è quanto mai di più vero si possa scrivere, e su questo non credo ci sia niente da discutere.
Il problema è un altro.

In questo testo si parla di evoluzione, una evoluzione del rapporto tra studente e professore che si dovrebbe fare più intenso e diretto. Si deve analizzare però il contesto in cui si vuole applicare questo importante cambiamento... In altri paesi sicuramente potrebbe, anzi credo funzionerebbe.
Nel nostro non credo sarà possibile, salvo una rivoluzione totale a livello universitario.
Tutto il nostro modo di vivere "italiano", comprese università, ristagna nella completa staticità, e ciò che è rimane e rimarrà quel che è.
Il ricambio generazionale e la meritocrazia non esistono, e non esiste (salvo alcuni casi) la possibilità di un rapporto nuovo e finalmente evoluto tra prof/studente.
La rigidità della casta piramidale dei ruoli è immodificabile. Prof rimane prof e studente rimane studente che deve stare sotto al prof. La parità umana e conversativa credo che non sarà mai raggiungibile, come irraggiungibile sarà quindi il libero e biunivoco apprendimento.

Detto questo concordo sul fatto che i programmi e quindi la porzione didattica dello studio medico debbano essere rivisitate continuamente grazie alla dinamicità degli studi e delle scoperte.
Purtroppo anche in questo caso, secondo le mie limitate esperienze nel campo, osservo una certa staticità e mancanza di stimoli nel cambiare e proporre qualcosa di nuovo.

In contemporanea assisto una mancanza di volontà di integrazione e evoluzione da parte dello studente stesso, che lentamente lo vedo mutare in una macchina dello studio, in alcuni casi volta ad un apprendimento meccanico e talvolta privo di una passione vera e propria. Sembra quasi un obbligo.

Concludendo non credo che questo sia un qualcosa di innovativo, e nemmeno qualcosa che vada in qualche modo "rievocato"; il titolo "I have a Dream" andrebbe rivisitato in "I have an Utopy", ovvero ho una utopia, perchè ciò che ho appena letto è una pura utopia che secondo il mio modesto, modestissimo parere, salvo rare eccezioni, mai si realizzerà.

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